Caos totale


   — L’autore dell’articolo: Gigino Adriano Pellegrini, foto di repertorio

— Il sole incessante, le ore dedicate al sonno e alle vacanze, non invitavano più come prima alle feste dell’acqua e della carne; suonavano vuote, invece, nella città chiusa e silenziosa; avevano perduto il metallico splendore delle stagioni felici. Albert Camus.

 

LO TSUVIRUS

Siamo solo all’inizio della pandemia del Coronavirus e si potrebbero già indicare cambiamenti nell’industria, nella nuova tecnologia, nella sanità e nella salute mentale.

Questa pandemia ha avuto inizio in un sistema mondiale prevalentemente capitalista. Quello stesso capitalismo che da sempre si occupa del profitto attraverso lo sfruttamento di una merce specifica (forza lavoro) da parte dei lavoratori e della sua stessa estensione. Nonostante questa egemonia, il capitalismo è in crisi e la pandemia del Coronavirus si verifica in un momento propizio per il capitale in termini di ristrutturazione, alla ricerca di nuove opportunità di profitto e si rivolge allo Stato come consumatore sovrano.

Allo stesso tempo il capitalismo è incredibilmente fragile e noi ci ritroviamo a descrivere una guerra di classe multidimensionale che si verifica a livello del virus (in termini di diritti di proprietà sulle entità biologiche e del loro sterminio), gli interessi della classe lavoratrice e l’ingrandimento del capitale contro la vita e l’esistenza umana sempre più non indispensabile.

Da un punto di vista anarchico, è possibile osservare come questa pandemia viene utilizzata dai media e in molti discorsi populisti, per glorificare sia la medicina moderna mercificata che i poteri organizzativi dell’apparato statale sempre più repressivo. Ciò potrebbe rappresentare una sfida per gli anarchici, mentre allo stesso tempo i fallimenti dello status quo sono fin troppo evidenti. Questa pandemia ha fatto molto affidamento su volontari auto-organizzati e azioni individuali e collettive per “prevenire”, così dicono, la diffusione della malattia, come indossare mascherine, evitare la folla e rispettare lo spazio degli altri. Anche se lo stato si impegna a parole per far rispettare queste misure, semplicemente non è possibile che lo stato sia ovunque come Dio.

In questo lungo anno abbiamo potuto notare come le disuguaglianze rendano alcune persone più vulnerabili alla malattia e di come queste stesse persone abbiano anche maggiori probabilità di essere più vulnerabili agli effetti delle crisi economiche causate dalla malattia. Si può evidenziare come i circuiti capitalistici conducano all’emergenza e alla rapida diffusione di malattie, escludendo alcune persone dai beni di cui hanno bisogno per sopravvivere quotidianamente all’interno del capitalismo, aumentando la loro vulnerabilità alle malattie.

E’ evidente che i potenti della Terra incoraggiano gli esseri umani a strumentalizzare la natura come fonte pandemica; mentre sarebbe più opportuno discutere delle disuguaglianze di classe ma anche di come la pandemia aggrava le disuguaglianze in termini di razza, genere e sessualità. Alcuni commentatori discutono sottolineando come le pandemie peggiorino le disuguaglianze esistenti e di come questi eventi rivelino le disuguaglianze nascoste. Il punto che andrebbe sottolineato, in particolare in termini di disuguaglianze di classe, è che la politica e la pratica pandemica hanno un ruolo nel creare disuguaglianze e differenziali che prima erano state messe un po’ in disparte.

Quello che sta succedendo non è una conseguenza della pandemia, ma il risultato della politica e della pratica pandemica. Nuove disuguaglianze e distinzioni di classe sono creati dall’azione del governo, dalle imprese e persino dagli enti di beneficenza creature del sistema liberal-democratico occidentale e non solo.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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